Valenza, la baia dei gioielli

giovedì 27 settembre 2007

Un problema deontologico


Da La Repubblica.it
Leo e l'orrore dei diamanti insanguinati
"Attenzione ai gioielli che comprate..."

di CLAUDIA MORGOGLIONE

ROMA - Una cosa è certa: dopo aver visto Blood diamond, il film di Edward Zwick in uscita nelle nostre sale, mai più si avrà voglia di decidere - o anche solo di vagheggiare - l'acquisto di un diamante. Perché la pellicola, ambientata nella Sierra Leone del 1999, squarcia il velo sul contrabbando delle più preziose tra le pietre: colpevole di finanziare le guerre civili in Africa, alimentando anche la tratta dei bambini soldato.
Un universo di sangue, soldi e ipocrisia (quello delle società europee del settore, pronte a giurare di non saperne nulla) che ha scioccato Leonardo di Caprio, oggi di passaggio in Italia, e fresco di nomination all'Oscar. "Immergermi nel mondo dei trafficanti - racconta - è stata una sfida difficile. E interpretando uno di loro, così cinico e manipolatore, mi sono sentito quasi a disagio. Per rappresentare un uomo così non si poteva stare fuori dall'Africa (il film è girato in Mozambico e Sudafrica, ndr), bisognava essere lì, viverla, capirne tutta la sua bellezza, la sua tragedia, e la sua complessità politica e sociale".
Ma lui, Leo, nella sua vita da privilegiato a base di sfarzose serate mondane e oggetti di lusso, ha mai ceduto alla tentazione di comprare un bel diamante? Ebbene, l'attore ammette di averlo fatto, ma con una sorta di rettifica (o pentimento) postumi: "Sì, in passato mi è capitato - rivela - ma se mi ricapiterà in futuro, mi accerterò al 100 per cento che non si tratti di un diamante insanguinato". Quelli, cioè, provenienti dal contrabbando illegale. "Insomma, ogni volta che stacchiamo un assegno - prosegue - dobbiamo sapere che in qualche modo avalliamo la politica di questa o quella corporation".
Quanto alle società diamantifere, per arginare la pubblicità negativa derivata dal film, hanno deciso una nuova iniziativa: per ogni star hollywoodiana che accetta di indossare queste pietre preziose in serate pubbliche, compresa la cerimonia degli Oscar, verranno versati 10mila dollari a un'associazione umanitaria impegnata in Africa, a scelta del divo. Una campagna che manda su tutte le furie Zwick: "Le società dovrebbero prima cominciare ad ammettere le proprie responsabilità", attacca.
L'occasione, per una chiacchierata col divo, col regista e con gli altri due interpreti principali del film - Jennifer Connelly e Djimon Hounsou, candidato alla stauetta dorata come miglior non protagonista - è la presentazione italiana di Blood Diamond, oggi all'Hotel Hassler di Roma. Un film forte, violento ("ma la violenza è intrinseca all'argomento", ricorda Zwick), agghiacciante soprattutto nella descrizione del fenomeno dei bambini-soldato, che ha come protagonisti due uomini entrambi africani. Uno è Solomon (Hounsou), pescatore di un villaggio nella Sierra Leone del 1999: è in corso la guerra civile, i ribelli attaccano la sua casa. Lui viene fatto prigioniero, ma durante il lavoro forzato a caccia di pietre preziose, trova un enorme e rarissimo diamante rosa.
Per lui, quel diamante è l'occasione di liberare il figlio dodicenne, rapito dai ribelli, dal più crudele tra i destini: quello, appunto, di diventare un soldato. Ma sulle tracce della pietra rosa c'è anche il bianco Danny Archer (Di Caprio), ex mercenario originario dello Zimbawe, e ora contrabbandiere di diamanti. Le strade dei due uomini, dunque, si incrociano. Così come quella della giornalista americana Maddy (Jennifer Connelly), decisa a scrivere un reportage per dimostrare le responsabilità delle società occidentali del settore nei traffici illegali... […]

Certo esprimere la propria opinione su argomenti così delicati non è mai facile, eppure, sia Di Caprio che la giornalista C. Gorgoglione, sembrano aver le idee molto chiare sull’argomento.
Al contrario la mia posizione non riesce ad essere così chiara: non posso di sicuro essere a favore di una guerra che uccide migliaia di innocenti, ma non posso neanche sconsigliare di comprare un gioiello, visto che i miei lavorano nel settore, ed è questo che ci “dà i soldi per vivere”.
Purtroppo la storia è sempre la stessa, che si ripete per tutti i prodotti di valore del mercato provenienti dai paesi più poveri del mondo: diamanti, petrolio, rame… e certo non basta avere i certificati di provenienza di questi prodotti perché, come mostra bene il film, questi non sono quasi mai veritieri.
Il problema è che molti Stati e molte multinazionali continuano a violare le numerose direttive, come quella Ocse, che nascono per regolare i loro comportamenti.
Evitare di comprare un gioiello non penso sia la soluzione migliore perché, sebbene non sia un prodotto estremamente necessario alla nostra sopravvivenza, per la stessa politica adottata, dovremmo evitare di acquistare anche molti prodotti indispensabili, come il petrolio.
Forse sarebbe meglio imporre la presenza di una commissione regolare e indipendente di monitoraggio che segua il diamante dall’estrazione alla quotazione sul mercato di Anversa, in Belgio, passando attraverso le fasi di raffinazione che viene effettuata in due centri, a Tel Aviv e Bombay.
Certamente, “La costante mancanza di specifiche politiche e disposizioni significa che i diamanti continuano ad alimentare conflitti, violazioni dei diritti umani e terrorismo” - ha commentato Corinna Gilfillan, portavoce di Global Witness, e io ci tengo a sottolineare che tutto ciò, purtroppo, non succede solo per i diamanti.

Mi scuso per la forma (ormai sono un po’ arrugginita) ma spero che qualcuno intervenga sull’argomento perché ci terrei a leggere altri pareri a questo proposito…

mercoledì 26 settembre 2007

Rimanendo in tema..."Diamonds Are A Girl's Best Friends"

Una formazione per i giovani artigiani: l'istituto Benvenuto Cellini


Valenza si preoccupa anche della formazione dei suoi giovani artigiani, istituendo un istituto tecnico superiore che insegna l’arte orafa e dei corsi d’aggiornamento serali.
L’Istituo D’Arte (Orafa) Benvenuto Cellini (non a caso noto orafo e scultore fiorentino) forma non soltanto degli allievi pronti ad inserirsi nel mondo del lavoro, ma dei potenziali professionisti del design. Coloro che frequentano questa scuola conseguono conoscenze specialistiche che favoriscono un facile inserimento nelle realtà produttive del tessuto economico locale.
Oltre a ciò hanno la possibilità di formarsi una solida cultura artistico-progettuale che permette loro di proseguire con una buona base di partenza in quelle facoltà universitarie che costituiscono il naturale proseguimento degli studi effettuati.

martedì 25 settembre 2007

Come nasce un gioiello

La fase ideativa
Il primo atto per la realizzazione del gioiello è la sua rappresentazione che deve coniugare la fantasia con le indicazioni specialistiche. E necessario completare i disegni fornendo informazioni precise sui materiali e sul metodo di lavorazione (le gemme da utilizzare, il metallo, il tipo di incastonatura e la rifinitura), in questo modo l’artigiano sarà orientato con precisione alla realizzazione dell’oggetto.

La fase progettuale
· Tecnica all’avanguardia: la prototipazionea a computer.
I disegni vengono disposti per un’analisi finale, e solo alcuni di essi vengono scelti per essere eseguiti con la tecnica della prototipazione; il disegno subisce una conversione in algoritmo mediante il rilevamento di numerosi segni grafici necessari al software di progettazione. In questo modo si ottiene una figura tridimensionale, sulla quale è possibile intervenire per apportare numerose modifiche estetiche, fino a raggiungere il risultato desiderato. Il risultato finale è un’immagine “fotografica” molto simile alla realtà.
Questa metodica è sicuramente di grande impatto rispetto la procedura di realizzazione artigiana. Essa offre numerosi vantaggi quali l’elaborazione stilistica del cliché praticamente illimitata, la possibilità di presentare l’oggetto già nella sua veste definitiva, la condivisione mediale, l’archiviazione e tutti quegli aspetti di convenienza propri dei supporti informatici.
L’ultima fase della progettazione è la prototipazione cioè la trasformazione dell’oggetto virtuale in un modello in resina. Allo scopo ci si avvale di macchinari ad alta tecnologia.
· Tecnica artigianale: la lavorazione a mano.
Il modellista interpreta il disegno secondo la prassi artigiana. Inizialmente si sceglie la gemma che sarà incastonata sull’anello, poi si procede con la lavorazione di una cera particolarmente resistente, fino ad ottenere un prototipo che in seguito, sarà fuso in metallo.Tutto lascia intuire come la competenza del modellista sia indispensabile per ottenere un risultato conforme al disegno. Rapidità ed abilità sono il risultato dell’esperienza, ma la capacità dell’artigiano dimora nella natura stessa della persona, esprime il suo talento unico ed inimitabile.
La modellazione della cera è una tecnica che consente vantaggiose modifiche in corso d’opera.
Per questo il “modellista” si distingue dagli orefici addetti alla produzione, dato che riesce a realizzare l’oggetto anche da un disegno privo di quote, individuando le proporzioni e stabilendo le modalità operative più convenienti.

La microfusione

Con la microfusione una o più cere (di gioielli diversi) vengono unite ad un asse portante a formare così una specie di “alberello” che viene posizionato in un contenitore metallico a forma di cilindro e immerso in una colata di gesso: avremo dunque un cilindro di gesso con all’interno le nostre forme di cera che hanno “stampato” la loro immagine all’interno del cilindro. Successivamente il cilindro, verrà messo in un forno, a temperatura elevata, e la cera al suo interno si scioglierà lasciando un calco perfetto, pronto per essere nuovamente riempito d’oro fuso che, sostituendo la cera, dà forma agli oggetti.
Questo sistema è valido sia per la resina, realizzata con la prototipazione, che con la cera lavorata a mano.
Gli oggetti ottenuti, in oro, sono ancora ad uno stato grezzo; si rende perciò necessario sottoporli ad un trattamento “cosmetico” nel quale il modellista li lavora adeguatamente e li prepara per consegnarli all’incastonatore.

L’incastonatura
Per incastonatura si intende l’arte di “fissare” le gemme sulla montatura, ovvero sull’oggetto in oro; è un processo raffinato che richiede maestria ed esperienza. Il lavoro viene realizzato con il bulino, un ferro adatto all’incisione del metallo; le gemme vengono posizionate negli spazi appositamente preparati dall’incastonatore e poi bloccate con delle punte di oro, dette “granette”.

Finitura e presentazione
L’oggetto incastonato deve poi essere pulito, sottoposto a lucidatura ed a insaponatura ad ultrasuoni, per liberarlo dalle impurità più nascoste e restituirgli la brillantezza tipica dei gioielli che tutti noi siamo abituatati a vedere nelle vetrine dei negozi.

Il Museo Dell'Arte Orafa


All’interno del palazzo “Il Gioiello”, sede dell’Associazione Orafa, gli “Amici Del Museo Dell’Arte Orafa” hanno istituito una sala espositiva con antichi macchinari per la lavorazione dell’oro. Tutti i reperti sono il risultato di generose donazioni fatte da ditte orafe valenzane.

L'Associazione Orafa Valenzana: un aiuto per il settore

Un ruolo fondamentale è rivestito dall'A.O.V., Associazione Orafa Valenzana, con più di 6.000 iscritti, che gestisce una mostra permanente di oreficeria, gioielleria ed argenteria riservata agli operatori stranieri. L'A.O.V. è nata nel 1945 grazie ad alcuni orafi che, trovandosi di fronte alla desolazione per i danni causati dal secondo conflitto mondiale, decisero di organizzarsi in un ente configurato per fronteggiare il mercato in modo cooperativo.
Oggi A.O.V. offre un ampia gamma di servizi e rappresenta oltre 700 aziende dell’area valenzana che, anche grazie all’associazione, costituiscono un polo produttivo leader del settore orafo a livello mondiale. A.O.V. è impegnata non solo a rappresentare le singole Aziende, ma anche a promuovere la realtà valenzana nel suo complesso; bBisogna ricordare che tale associazione è, per questo, presente nei principali appuntamenti espositivi del settore, in particolare alle rassegne di Vicenza, Basilea, New York e Tokio.
Nel corso degli anni, sono state create alcune strutture operative collegate all’Associazione con lo scopo di gestire in modo più flessibile ed efficiente attività promozionali, mostre, consorzi di commercializzazione, iniziative editoriali e, più in generale, tutti gli eventi mirati a valorizzare Valenza ed il suo patrimonio culturale e produttivo. In particolare AOV costituisce la FIN.OR.VAL. s.r.l. immobiliare incaricata della realizzazione del Palazzo delle Mostre, inaugurato nel 1980. Nel 1989 nasce AOV SERVICE s.r.l. che si fa carico della gestione di tutte le iniziative commerciali e promozionali.

Valenza, storia e posizione


La città di Valenza, in provincia di Alessandria (Piemonte), dà il nome ad uno dei distretti più noti e importanti nel settore della gioielleria. I suoi confini sono tracciati dal Po e dal Monferrato ed occupa una posizione baricentrica rispetto al vecchio triangolo industriale: è a 100 km di distanza da Genova, Milano e Torino.Di antiche origini fu conquistata dai romani nel II secolo a.C. e ribattezzata "Forum Fulvii Valentini". Delle sue antiche mura difensive, rase al suolo da Napoleone, rimane solo un tratto detto della "Colombina". Attualmente la città è composta da una parte vecchia, situata dentro il perimetro delle antiche mura e una parte moderna. La principale vocazione della città è, come già espresso prima, l'industria orafa. Questa tradizione nacque verso la fine dell'Ottocento, quando Vincenzo Melchiorre, di ritorno da Parigi, iniziò a produrre gioielli in oro e pietre preziose. Prima della Prima Guerra Mondiale già esistevano più di 40 imprese. Il vero boom si è verificato nel dopoguerra: nel 1945 già operavano più di 300 aziende. Nel distretto valenzano, ampio poco più di 50 kmq, risiedono 33.590 abitanti, in larga parte occupati nella produzione di gioielli. Il settore orafo comprende 1.300 aziende con 7.000 addetti; la produzione, che per la metà è esportata, è pari a circa a 3.000 miliardi di lire. Ogni anno, nel distretto vengono lavorate circa 30 tonnellate d'oro e l'80% delle pietre preziose importate in Italia. Le dimensioni delle imprese sono nella maggioranza di tipo artigianale e la forza lavoro specializzata nelle produzioni orafe è quasi tutta locale. Molto diffusa è la subfornitura, che si caratterizza per la stabilità e la continuità dei rapporti fra committenti e fornitori.I punti di forza del distretto sono un vasto patrimonio di know-how tecnico e professionale, maturato in oltre 150 anni di tradizioni orafe artigianali; la presenza di lavoratori qualificati, con conoscenze che vengono trasmesse e sono assimilate direttamente "on the job", con rapidità di aggiornamento al mutare delle richieste del mercato.Del distretto va segnalata l'elevata propensione all'imprenditorialità, una risorsa importante che ha permesso all'intero sistema produttivo di mobilitare le energie di tutti i segmenti della popolazione, in particolare quella femminile. Per molte aziende la partecipazione alle rassegne espositive specialistiche, nazionali ed internazionali, è una grande occasione per affacciarsi sui nuovi mercati. Negli ultimi anni, inoltre, molte aziende che un tempo erano specializzate nella commercializzazione e seguivano direttamente i rapporti con i clienti, sono entrate nell'orbita delle grandi "firme" internazionali della gioielleria che, da un lato, offrono certezze di lavoro ma, dall'altro, ne limitano l'autonomia.Del resto il mercato è percorso da correnti tumultuose che ne hanno ridisegnato profondamente le caratteristiche: nel passato i piccoli produttori operavano sul mercato finale direttamente o attraverso una rete di rappresentanti che raggiungevano i piccoli negozi indipendenti di gioielleria. Oggi, la sempre maggiore diffusione della distribuzione organizzata, la notorietà dei marchi mondiali e l'affollamento delle campagne pubblicitarie lasciano decisamente meno spazi alle micro aziende artigiane.